La carenza d’acqua sta mettendo a dura prova vaste aree del territorio italiano, con gravi disagi per cittadini e aziende. Inoltre, l’agricoltura sconta problematiche particolarmente pesanti, che hanno diretto impatto su quantità e prezzi degli alimenti sul mercato. È quanto mai opportuno quindi fare il punto su ciò che sta avvenendo e ragionare su come affrontare al meglio l’emergenza, adottando le misure più efficaci. Al tempo stesso è fondamentale soffermarsi ad analizzare con lucidità i dati disponibili, esaminare il problema anche in un’ottica di medio-lungo termine, programmando interventi strutturali e soluzioni di sistema.
Le competenze del MiPAAF in materia
Il MiPAAF ha competenze piuttosto specifiche sul tema, che riguardano la programmazione e il finanziamento degli interventi nel settore delle infrastrutture irrigue di rilevanza nazionale, la cui concreta esecuzione è demandata ai Consorzi di bonifica e agli Enti di irrigazione. La rilevanza nazionale degli interventi è definita sulla base della capacità degli invasi: sono infatti considerati di rilevanza nazionale gli investimenti che prevedono una capacità di invaso superiore a 250 mila metri cubi, mentre di rilevanza regionale quelli di dimensioni inferiori. Questo criterio di demarcazione per il settore irriguo tra livello nazionale e regionale è stato stabilito nel Programma di sviluppo rurale nazionale 2014-2020. Sulle infrastrutture ad uso idrico o plurimo la competenza primaria è in capo al MIMS e MITE. In particolare, il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità Sostenibile esercita il ruolo di coordinamento strategico nella programmazione e finanziamento di interventi infrastrutturali relativi all’approvvigionamento idrico primario, mentre il MITE interviene prioritariamente nella pianificazione e finanziamento degli interventi di lotta al dissesto, di tutela e regolazione ambientale e di politica energetica. Alle Autorità di Distretto dei Bacini Idrografici spettano invece i compiti di pianificazione delle risorse idriche su scala vasta.
I dati dell’emergenza
I dati ISAC (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima)/CNR hanno confermato, per il 2022, precipitazioni dimezzate rispetto alle medie del periodo, con un deficit del 47% a livello nazionale. Il valore ha raggiunto percentuali tra –50% e -60% nelle regioni del nord-ovest. Il fenomeno siccitoso, che ha dapprima colpito l’Italia del Nord, e in particolare il distretto idrografico del Fiume Po, si è progressivamente esteso verso il Centro ed il Sud del Paese, soprattutto a causa delle temperature record. L’emergenza idrica è costantemente sotto osservazione da parte dei 7 Osservatori Distrettuali Permanenti sugli Utilizzi Idrici, istituiti per ciascuno dei Distretti idrografici in cui è suddiviso il territorio nazionale Le scarse piogge di fine giugno hanno contribuito in minima parte ad attenuare la situazione. In alcuni casi, le precipitazioni si sono rivelate addirittura dannose, perché accompagnate da venti forti e grandine. L’anno in corso è caratterizzato anche dalle temperature record, che hanno contribuito in maniera rilevante a comporre il quadro emergenziale. Considerato l’intero semestre gennaio-giugno, il 2022 raggiunge il primato assoluto, con +0.76°C, sempre rispetto alla media delle temperature del periodo 1991-2020. Una deviazione anomala che per il Nord Italia sale addirittura a 1.07°C. Su questo aspetto, la recente tragedia della Marmolada ha lanciato un messaggio ancor più diretto ed esplicito. Assistendo all’attuale emergenza, dobbiamo riconoscere che siamo ormai abituati ad assistere, ciclicamente, a fenomeni siccitosi preoccupanti. Simili situazioni sono si sono verificate, ad esempio, nel 2003, nel 2007, nel 2012 e nel 2017.
Pur nella ciclicità degli eventi estremi di siccità, dunque, assistiamo a un processo di lento, ma inesorabile, logoramento della disponibilità idrica del nostro Paese. ISPRA, pochi giorni fa, ha comunicato, a tal proposito, che il valore annuo medio di risorsa idrica disponibile per l’ultimo trentennio 1991- 2020 si è ridotto del 19% rispetto a quello relativo al trentennio 1921-1950. Quel che preoccupa di più, tuttavia, sono le proiezioni fornite da ISPRA per il prossimo futuro. Tenuto conto dei cambiamenti climatici in atto, infatti, si prevede, a livello nazionale, una riduzione della disponibilità di risorsa idrica, che va dal 10% al 40%. Particolarmente a rischio è il settore ortofrutticolo che non può fare a meno della risorsa idrica e che rischia di perdere quote importanti di produzione
L’intervento del Governo per affrontare l’attuale crisi
Sostenere, con ogni mezzo, cittadini e imprese, tutelando il nostro territorio, rappresenta l’obiettivo primario, in questo periodo di nuove, grandi, difficoltà. Nella seduta del Consiglio di Ministri del 4 luglio è stata deliberata la dichiarazione dello stato di emergenza, fino al 31 dicembre 2022, per Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto. Lo stato di emergenza è volto a fronteggiare con mezzi e poteri straordinari la situazione in atto, con interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata, e a ripristinare la funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche. Lo stato di emergenza potrebbe prossimamente essere esteso anche ad altre Regioni che hanno già presentato o stanno presentando richiesta, tra cui Lazio, Umbria, Liguria e Toscana.
L’ultimo rapporto ISTAT sull’acqua, pubblicato a marzo, indica che le perdite del nostro sistema idrico corrispondono ancora al 36,2% (dato 2020). La perdita giornaliera per km di rete è pari a 41 metri cubi (44 nel 2018), per un totale di 0,9 miliardi di metri cubi in un anno. Non dimentichiamo che in più di un capoluogo su tre si registrano perdite totali superiori al 45%, con punte che toccano il 70%. Altro dato preoccupante è la scarsa capacità di stoccaggio dell’acqua piovana, che, in Italia, ammonta a circa l’11%.
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