L’Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo, presenta il report dei consumi dell’anno 2022 basato sui dati riportati dai maggiori osservatori di ricerca ed il resoconto sembra promettente. Non è una novità che le situazioni intervenute sul piano internazionale abbiano colpito la quantità i consumi, sia per l’inflazione sia per l’aumento del costo della vita. Tuttavia il rallentamento della spinta inflazionistica ha riportato fiducia nelle famiglie che hanno fatto registrare un aumento sulla spesa di tutti i comparti alimentari, tranne per i prodotti ittici e per il vino.
La moderazione dei prezzi dei prodotti energetici e supportata dall’orientamento restrittivo della politica monetaria nei principali paesi, ha caratterizzato lo scenario internazionale di fine anno. La fiducia di consumatori e imprese, a dicembre, è aumentata per il secondo mese consecutivo. Le famiglie hanno evidenziato attese positive sulla situazione economica del Paese, inclusa la disoccupazione.
A dicembre, l’indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) ha mostrato un moderato rallentamento anche se il differenziale con l’area euro si è ampliato ulteriormente, superando i 3 punti percentuali, per effetto della maggiore crescita in Italia dei listini dei beni energetici e degli alimentari.
A partire da settembre la continua corsa dei prezzi causata dall’aumento del costo di energia e delle materie prime ha portato l’inflazione a pesare sul bilancio delle famiglie italiane. Gli italiani, compressi tra i prezzi che aumentano e i salari che rimangono inchiodati a un +0,8%, vedono scivolare in basso il loro potere d’acquisto e cercano vie d’uscita che impattano anche sull’approvvigionamento alimentare della famiglia.
Su questo fronte, recenti elaborazioni dell’Istat ribadiscono quantitativamente come l’inflazione trainata da alimentari e prodotti energetici abbia i connotati di una tassa fortemente asimmetrica che colpisce maggiormente le famiglie dal reddito più basso e meno quelle dal reddito più alto.
Il carrello della spesa secondo i dati dell’Osservatorio sui consumi alimentari Ismea-NielsenIQ, nel 2022, è costato agli italiani il 6,4% in più rispetto allo scorso anno, con dinamiche che si acuiscono nei mesi da agosto a dicembre (sempre sopra il 10%). Tale valore percentuale, inferiore all’inflazione, è frutto della composizione merceologica del carrello della spesa che si modifica in conseguenza proprio delle strategie messe in atto da parte dei consumatori per ridurre l’impatto dell’inflazione.
L’incremento della spesa del 2022 va a sommarsi a quelli dei 5 anni precedenti ed è tra i più alti dopo il +7,4% dell’eccezionale anno 2020, che, tuttavia, incorporava il limitatissimo utilizzo dei canali extradomestici.
Gli incrementi di prezzo al consumo sono frutto non solo dell’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli ma, lungo la filiera, si caricano dei vari aumenti che interessano anche i passaggi intermedi come la logistica e il confezionamento.
In questo senso appare quanto mai interessante il fatto che l’aumento della spesa sia più evidente sui prodotti confezionati che su quelli sfusi (+6,9% vs il +5,2% dello sfuso). A livello geografico, gli incrementi della spesa coinvolgono tutto il territorio nazionale, comunque nell’ambito di un range piuttosto ristretto, con un’intensità leggermente superiore al Nord Est dove superano il 7,4%, segue il +6,7% dell’areale Sud, il +6,4% del Nord Ovest e chiude il +5,2% del Centro.
a cura della redazione © Riproduzione riservata